Ecco le parole in conferenza stampa di Gianluigi Buffon. Il nuovo capo delegazione della Nazionale e del presidente della FIGC Gabriele Gravina.
Prende la parola Gravina: “Sabato con Spalletti abbiamo parlato di un nuovo capitolo della storia azzurra e quella di oggi è un’altra bellissima giornata. Uno dei più grandi monumenti della squadra azzurra, della nostra storia, torna finalmente a casa. Dal 1° settembre Buffon è il nuovo capo delegazione. Come avevo preannunciato in occasione della presentazione di Spalletti, questo ruolo rientra nelle prerogative del presidente Federale e sono particolarmente orgoglioso di poter dare il testimone a Buffon per tantissime ragioni. In termini di coerenza, sabato ho parlato di orgoglio e appartenenza, ho parlato di identità. E Buffon è un professionista con 214 convocazioni e 176 presenze in Nazionale, un record. La sua presenza in questo ruolo è emblema di grandissima coerenza: la maglia azzurra Buffon ce l’ha come seconda pelle, è una componente fondamentale nella sua vita. Quando Buffon stava pensando di smettere col calcio l’avevo già contattato, poi lui molto deciso e testardo nelle sue scelte ha voluto continuare e ha scelto di continuare a fare il calciatore. Poi ha deciso di smettere e siamo tornati alla carica e Gigi ha accettato questo nuovo ruolo. Quando Buffon ha accettato ha nominato due persone a noi molto care: Vialli e Riva. Con Vialli abbiamo condiviso quattro anni e ci ha dato una grande lezione di vita, mentre con Riva nel 2006 abbiamo vissuto momenti straordinari. Chi conosce i principi della nostra gestione sa i nostri valori a cui diamo risalto. Molte volte diamo peso al prezzo, ma ci dimentichiamo del valore. Ringrazio Gigi per aver accettato questo ruolo e gli faccio un grande augurio affinché possa rientrare nell’Olimpo azzurro: lo è già come calciatore, ma con le sue qualità potrà diventarlo anche come dirigente. Per me la giornata di oggi rappresenta emozioni forti e dopo aver vissuto una estate turbolenta, non per colpa nostra, oggi sono ancora di più soddisfatto perché so che questa squadra è in mani salde tra Spalletti come allenatore e Buffon come capo delegazione. Se è vero che ognuno di noi deve fare il massimo, credo che come presidente Federale con queste scelte ho fatto il massimo per onorare la maglia azzurra”.
Prende la parola Buffon: “Ringrazio chi mi ha voluto qui. Immaginare la mia figura qui è un qualcosa che mi inorgoglisce e mi stimola, mi rende un uomo felice. Torno in un ambiente che penso di conoscere abbastanza bene. Il sunto del mio ruolo è dare un piccolo contributo in quelle che saranno tutte le dinamiche che andremo a vivere in futuro”.
Raccogli una eredità pesante. Che ricordo hai di Vialli?
“Il ricordo è immenso e bellissimo, avevamo un rapporto straordinario fuori dal campo. Ci scambiavamo continuamente le maglie, c’era una condivisione totale e devo dire che sarebbe sbagliato pensare di arrivare subito al suo livello. Ognuno di noi ha un proprio passato, un percorso, riesce a dare delle risposte che a giovane non riesci a darti. Poter venire qui cercando di riproporre un Vialli sarebbe sbagliato, non sarei all’altezza. Cercherò di essere ciò che sono sempre stato che poi è il motivo per cui qualcuno mi ha apprezzato”.
Nelle nuove generazioni è cambiata la considerazione di questa maglia? Questo nuovo ruolo sana il rimpianto di non aver salutato in campo questa maglia?
“Non ho rimpianti… Ancora oggi mi chiamano per fare una gara d’addio, ma a me non vanno. Io quando chiudo devo pensare al presente al presente e al futuro, vado avanti. E’ stato bellissimo e ora stop, arriva una nuova avventura. Per quanto riguarda i giovani, io credo sia molto importante la conoscenza della storia delle cose e degli ambienti in cui vai per poterli apprezzare. Io sono nato e cresciuto col mito di Paolo Rossi, di Zoff, degli azzurri del 1982 oltre ai racconti di mio padre. Quindi per me, la prima volta che ho visto Riva, è stato come vedere un monumento. I giovani li puoi aiutare in questo modo, oltre ad avere una Nazionale bellissima e vincente”.
Chi ti piace tra i giovani portieri italiani?
“Negli ultimi 3-4 anni il serbatoio italiano dei portieri è cresciuto molto e ora ce ne sono 5-6 di un livello elevatissimo, senza toccare Donnarumma che è un portiere consacrato. Lui ormai se la gioca con i primi della classe mondiale. Tutti gli altri hanno fatto un percorso e stanno dando risposte importanti, a cominciare da Vicario che in Premier crescerà. Poi Provedel, Meret che ha vinto lo Scudetto. Poi anche Falcone a Lecce, Di Gregorio a Monza. Ci sono tanti portieri che stanno dimostrando di essere super affidabili e di avere qualcosa di speciale. Carnesecchi ora non sta giocando all’Atalanta ma il campionato è lungo. Provedel è stato probabilmente il miglior portiere dell’ulimo campionato e questo ci fa ben sperare dovesse avere un raffreddore Gigio”.
Come è cresciuto Donnarumma? E’ stato difficile smettere?
“No, per nulla. Anche perché sono arrivato a un’età che mi permetteva di prendere in considerazione questa idea. Nell’ultima stagione sono arrivato ai play-off in un ottimo stato psico-fisico e sono riuscito a farmi male… Quello è il segnale più grande che la natura potesse darmi, lì ho capito che dovevo chiudere. Nello spogliatoio a Cagliari avevo già deciso di smettere, non volevo angustiarmi per un altro anno. Per quanto riguarda Gigio, dico che l’ho visto in tv, l’ho visto parare e crescere anche attraverso degli sbagli perché dagli errori impari molto di più. Dal ragazzo che ho lasciato ho ritrovato un uomo”.