Romelu Lukaku si racconta in occasione del Festival dello Sport organizzato dalla Gazzetta dello Sport in un intervista realizzata dal giornalista Luigi Garlando.
Il centravanti nerazzurro ha confessato il suo sogno di diventare un calciatore già fin dalla sua infanzia parlando anche del suo vissuto familiare a quello che è ora è il suo presente, il rapporto con Antonio Conte e i suoi compagni di squadra.
Che cosa ti ha insegnato Papà Roger, quando pensi a lui cosa ti viene in mente?
“La disciplina e la mentalità. Sono queste le cose che mi ha insegnato tutti i giorni. Il rispetto per le altre persone e guardarle negli occhi. Cose molto semplici che però mi aiutano nella vita di tutti i giorni.
Ricordi un goal segnato da tuo padre?
Si, un suo goal segnato contro l’Anderlecht, aveva tutti i suoi video delle sue reti in VHS e quello mi è rimasto in mente. L’Anderlecht era la mia squadra preferita quando sono cresciuto e ho giocando per loro ho realizzato un sogno“.
Un campione tuo padre, una campionessa tua madre Adolphine in un momento difficile della tua vita.
Quando mio papà ha smesso di giocare avevo 6 anni hanno diagnosticato il diabete a mia mamma. Sono stati anni difficili. Non avendo soldi mia mamma lavorava nei ristoranti e io e mio fratello andavamo con lei dopo le partite per aiutarla a lavoro, i miei genitori non mangiavano la sera per far mangiare me e mio fratello. Sono cose che mi sono rimaste nella mente, per questo ora voglio sempre fare bene per i sacrifici che mia mamma ha fatto per noi. Ogni volta che faccio gol lo dedico a mia madre con la mano perché senza di lei io non sarei quello che sono oggi.
Vivere nel quartiere di Molenbeek cosa ha significato, alcune tue amicizie poi hanno preso la via sbagliata?
“No, perché io ho avuto le idee chiare fin da quando avevo 6 anni ho sempre pensato al sogno di fare il calciatore. Andavo a scuola per poi allenarmi a casa. Non uscivo ma solo per giocare a calcio. Io e mio fratello avevamo questa disciplina: l’unica cosa era giocare a calcio. Siamo fortunati ad vere una mamma e papà che chi hanno sempre sostenuto“.
Hai avuto idoli da cui hai tratto esempio o ispirazione?
Si, tre in particolare che mi sono rimasti nella memoria. Hasselbaink mi ha ispirato con un suo goal in Chelsea-Manchester United, in quel momento ho detto “Voglio fare anche io così”. Una rete di Vialli con la maglia del Chelsea in finale contro lo Stoccarda e poi Ronaldo nella finale di Coppa Uefa tra Inter-Lazio dove ha fatto la partita della sua vita,, sono tutte gare indimenticabili.
Hai trovato differenze culturali tra la Premier League e la Serie A?
Quando sono arrivato in Italia a Milano ho sentito fin da subito l’amore dei tifosi, li ho ringraziati al debutto con l’inchino nella prima partita contro il Lecce e ho ricevuto tanti messaggi di apprezzamento su Twitter e Instagram. Io sto bene con le persone e loro mi ricambiano, voglio dare tutto per l’Inter per far si che tutti i tifosi mi rispettino.
Che effetto fa giocare in uno stadio senza tifosi?
È brutto, ma poi si sente tutto. Ad esempio quando abbiamo giocato contro il Brescia ero da solo in area e Biraghi aveva tirato in porta e gli ho detto delle brutte parole, poi sui social guardo le reazioni e mi metto a ridere. Abbiamo bisogno dei tifosi allo stadio perché danno l’energia giusta e poi segnare con lo stadio pieno è un’emozione incredibile, mi auguro che tornino al più presto.
Oltre a giocare a calcio ti piace fare anche altro?
Amo fare il DJ a casa, mi piace mixare perché è rilassante o giocare alla Playstation con mio figlio. In allenamento succede che mi arrabbio velocemente.
Quale consiglio daresti a un giovane che vuole diventare un campione?
Essere sempre umili e ogni giorno diventare più forte.
In cosa Conte ti ha migliorato?
In tutto. Un giocatore che vuole essere allenato da Conte deve capire che il sacrificio è tutto, sia a livello fisico che mentale. Per me era facile perché io vivo per il calcio. Il mio obiettivo è essere un buon calciatore e vincere qualcosa. Io sapevo che lui è un buon allenatore e che in questa squadra potevo crescere. Da quando abbiamo iniziato a lavorare ho sempre dato il 100% e adesso stiamo lavorando bene ma dobbiamo migliorare. Questa è la mia mentalità e quella della squadra“
L’Inter può competere per la Champions l’anno prossimo?
Noi lo dobbiamo dimostrare in campo perché è lì che si vince, non fuori.
Chi sono compagni più divertenti e chi quello più serio?
Mi fanno molto ridere Handanovic, Young, Sensi, Barella e Lautaro. Non c’è uno che si isola perché siamo tutti uniti.
Ci sono persone che avresti voluto incontrare?
Si, il mio desiderio era incontrare Kobe Bryant, Nelson Mandela e Tupac Shakur.