Se negli anni 80 del 20° secolo nasci e cresci a Rosengard, sobborgo di Malmo, da immigrati jugoslavi (papà bosgnacco di Bijeljina e mamma croata di Skabrnja) non hai tempo per i convenevoli o per radicalizzare i tuoi affetti. Soprattutto se i tuoi genitori si separano, vieni affidato al papà e vivi in quartiere multi-etnico in cui povertà e bullismo sono la folle normalità di un quartiere popolare della fredda Svezia di Thorbjorn Falladin. E’ così che nasce e cresce Zlatan Ibrahimovic, ragazzo di forte personalità e carisma, che da Malmo sognava di calcare i prati degli stadi di tutta europa. Dal poster di Ronaldo “il fenomeno” in camera, passando per le prime partite alla playstation, finendo ad essere uno dei calciatori più forti ed incisivi al mondo. Capace di vincere, convincere in 9 club diversi e divenire capitano e più grande cannoniere (62 reti) della nazionale di un paese che ha ospitato te e la tua famiglia. Zlatan nasci, non puoi diventarlo. Quando accarezzi il pallone con la delicatezza di una rosa meilland ma con attorno il gelo scandinavo ti scatta qualcosa dentro, quel qualcosa che tempra la consapevolezza che sarai grande, quella consapevolezza che ti sussurra all’orecchio narrando che un ragazzone da Rosengard arriverà ad essere un top nel mondo. Questo è l’elemento caratterizzante della carriera di IbraCadabra, per questo medesimo motivo non si legherà mai definitivamente ad un club, per questo bacerà le maglie di alcuni suoi club prostrando alla sua mente che la passione di quel bacio non è per il club stesso ma per l’amore verso il sacrificio che lui stesso ha compiuto. Sacrificio che lo porterà a scontrarsi con chiunque si frapponga fra lui e la vittoria, fra lui e la gloria, fra lui e il gol. Arriva un giorno nella vita in cui dopo aver vinto con tanti club, dopo aver giocato nel Barcellona dei marziani, arriva l’opportunità di andare al Milan e Zlatan da buon Dio non riesce a non stringere un patto col diavolo. Lo fa nel caldo torrido luciferino dell’ agosto del 2010, giorno 28. Alla fine della prima stagione 35 reti, 44 partite. In 2 anni saranno : 56 reti, 85 partite, computo totale. A queste skills personali, si aggiungono : uno scudetto e una supercoppa italiana. Per dover di cronaca, il Milan nonostante grandi successi in Europa, non vinceva lo scudetto da 7 anni e con Ibra è tornato a farlo. Zlatan arriva, fa innamorare, vince e fugge. Lo ha già fatto, lo conosciamo, lascia sgorgare passione per attimi che sembrano infiniti e poi di stucco sparisce. Lascia poesie d’amore sotto forma di calcio, ti fa gioire e lascia un messaggio con sù scritto : “forse tornerò”. PSG, United e L.A. Galaxy : vince, si fa amare, odiare e poi scappa. Ormai gli anni sono 38, tendenti ai 39, dove andare ? La risposta è semplice. “Se danzi col diavolo, il diavolo non cambia. E’ il diavolo che cambia te”. Zlatan torna al Milan, si torna dove è stato amato ma anche dove, per la prima volta Zlatan ha amato. Non ha mai nascosto la sua passione e la sua felicità per quei due anni rossoneri, nemmeno quando indossava e segnava per un altra maglia, nemmeno quando i suoi piedi sentenziavano per altre casacche ma la sua testa era al Milan. Il diavolo cambia faccia, da creatura impaurita, torna impavida a macinare gioco e inanellare punti. Zlatan cambia l’anima di un gruppo di calciatori che sembravano stanchi e inadatti. Lui e Pioli sono gli artefici del cambiamento, di una rinascita. E’ per questo che i dirigenti di casa Milan confermano prima Pioli e poi dialogano con Mino Raiola per il rinnovo di Ibra. Si parla a stretto contatto, si discute, ci si stringe nella consapevolezza che il nuovo corso del Milan partirà da un atleta di Rosengard, Malmo, che ha conquistato il mondo volendo sposare l’inferno. Il rinnovo di Ibra ci sarà, 6 milioni annui con bonus, per due anni. Chi ha Ibra se lo tiene, chi ha un uomo capace di segnare 485 gol in carriera non lo fa scappare. Come sentenziò Zarathustra : “Così mi disse una volta il diavolo : <<Anche Dio ha il suo inferno : è il suo amore per gli uomini>>.