Sono passati tredici lunghi anni dall’ultima partecipazione della Lazio in Champions League, era il 2007 quando la squadra biancoceleste allenata da Delio Rossi veniva eliminata durante la fase a gironi al Bernabeu dal Real Madrid. Da allora la Lazio non riuscì più a centrare la qualificazione venendo eliminata ai preliminari nel 2015 dal Bayer Leverkusen, una competizione a lungo inseguita prima da Pioli e poi da Simone Inzaghi a un passo dal raggiungere la Champions League nel 2018 sfuggita proprio all’ultima giornata a favore dell’Inter di Spalletti. Ora, due anni dopo, la Lazio è presente e stasera i biancocelesti sfideranno il Borussia Dortmund di Haaland e compagni, un test già molto importante che metterà a dura prova i ragazzi di S.Inzaghi in una sfida di altissimo livello con Ciro Immobile che dovrà guidare l’attacco. Non sarà ovviamente una partita facile, il club tedesco oltre ad avere maggiore esperienza in campo europeo è molto pericoloso con tanti giocatori giovani e tecnici dalla velocità importante ma che sicuramente potrà concedere parecchio in fase difensiva, per questo motivo la Lazio dovrà essere brava a sfruttare gli spazi che saranno concessi in contropiede perché si sa che il Borussia Dortmund è una squadra offensiva che gioca prevalentemente in attacco a volte anche in maniera troppo rischiosa. La qualità dei calciatori biancocelesti può fare la differenza, inoltre la Lazio va in cerca di riscatto dopo l’ultima brutta sconfitta in campionato contro la Sampdoria.
La sfida andrà in scena alle 21.00 e verrà trasmessa in esclusiva su Sky solo per gli abbonati e sulle piattaforme streaming Sky Go e Now Tv, ecco le probabili formazioni di Lazio-Borussia Dortmund:
LAZIO (3-5-2) probabile formazione: Strakosha; Patric, Luiz Felipe, Acerbi; Marusic, Milinkovic-Savic, Leiva, Luis Alberto, Fares; Immobile, Correa. All. Inzaghi.
BORUSSIA DORTMUND (3-4-1-2) probabile formazione: Bürki; Piszczek, Hummels, Delaney; Meunier, Bellingham, Witsel, Guerreiro; Reus; Sancho, Haaland. All. Favre.
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LAZIO: GLI UOMINI DI INZAGHI SFIDANO IL BORUSSIA DORTMUND
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LAZIO, DEVE ESSERE LA STAGIONE DELLA RICONFERMA!
Alla fine non è arrivato il nome da Champions che tutti i tifosi si aspettavano, poteva essere l’acquisto di David Silva scappato via proprio sul più bello quando ormai sembrava essere arrivato il momento delle visite mediche e della firma sul contratto che lo avrebbe legato ai biancocelesti fino al 2023, all’ultimo il ripensamento clamoroso dello spagnolo che ha scatenato l’ira di tutta la dirigenza e la delusione dei tifosi dopo che il giocatore aveva espressamente dato la sua parola!
Niente grande nome insomma ma un mercato comunque soddisfacente, infatti, anche quest’anno la Lazio ha saputo blindare i suoi gioielli da Correa a Immobile, da Luis Alberto a Milinkovic-Savic, tutti elementi fondamentali di una rosa che negli anni ha imparato bene a conoscersi, la sintonia creatasi con il tempo tra tutti i giocatori è sicuramente il punto forte della squadra. Trattenere questo mix esplosivo è quindi già il primo successo del calciomercato biancoceleste, in vista anche della prossima Champions League che la Lazio ritornerà a disputare dopo tredici anni dall’ultima volta.
Nell’ultima finestra di calciomercato, il principale obiettivo della Lazio cui tutti puntavano era quello di allargare la rosa perché troppo spesso negli anni passati ma soprattutto nel finale della scorsa stagione questo motivo ha rappresentato il maggiore problema di una squadra forte ma senza valide alternative che fossero più vicine al livello dei titolari. Infatti, si è mirato a puntellare con acquisti mirati che andassero a rinforzare ogni reparto, partendo dall’arrivo dell’esperto portiere spagnolo Reina che potrà alternarsi con Strakosha anche in Champions League e poi considerato un uomo di spogliatoio, in difesa dopo una lunga ricerca è infine tornato in prestito dal Southampton l’olandese Wesley Hoedt, a centrocampo sono arrivati Escalante e Akpa-Akpro. Un rinforzo importante è stato il trequartista brasiliano Andreas Pereira dal Manchester United, una validissima alternativa a Luis Alberto mentre per la fascia sinistra il colpo è stato Fares che si ritaglierà il suo spazio nella formazione di Inzaghi. In attacco dopo aver trattato vari nomi ed essere stati vicinissimi a Mayoral, la società biancoceleste ha deciso di puntare sul kosovaro Vedat Muriqi.
L’obiettivo stagionale con questa campagna acquisti sarà di riconfermarsi in campionato centrando di nuovo la qualificazione alla Champions League e cercare di andare avanti il più lontano possibile in Europa, la Lazio quest’anno avrà una rosa più ampia e per affrontare al meglio le due competizioni questo è fondamentale. -
IL MILAN SI CANDIDA PER UNA STAGIONE DA PROTAGONISTA
Nove colpi di mercato e il rinnovo di Ibrahimovic hanno caratterizzato l’ultima sessione di mercato del Milan. La linea seguita è stata chiara: acquistare giovani di talento, pronti a rappresentare il Milan del presente e soprattutto del futuro. Tra queste operazioni vi sono i tre riscatti di Saelemaekers (21 anni), Kjaer (31 anni) e Rebic (26 anni) che si sono guadagnati a suon di ottime prestazioni la conferma in rossonero. Oltre a loro sono arrivati altri sei giocatori pronti a lottare per una maglia da titolare e che rappresentano per mister Pioli valide opzioni, visti i tanti impegni che la squadra dovrà affrontare. Il primo acquisto è stato Pierre Kalulu (20 anni), arrivato a parametro zero dal Lione. Difensore duttile, in quanto può giocare sia da terzino che da centrale. Brahim Diaz (21 anni), corteggiato a lungo, è arrivato alla corte del diavolo dal Real Madrid. Operazione in prestito con la promessa tra i due club di valutarne l’eventuale riscatto, con possibile recompra degli spagnoli, al termine della stagione. Il trequartista si è già messo in luce in queste prime uscite stagionali, siglando anche la sua prima rete in rossonero contro il Crotone. Con la partenza di Reina, il ruolo di secondo portiere è stato affidato all’ex Fiorentina, Ciprian Tatarasanu (34 anni). Il portiere rumeno è arrivato a titolo definitivo dal Lione. Il colpo finito però sotto i riflettori vede come protagonista Sandro Tonali (20 anni). Il centrocampista, ex Brescia, sembrava essere a un passo dall’Inter, ma lo stallo nella trattativa con i nerazzurri ha spinto i rossoneri a bruciarne la concorrenza e a portarlo a Milanello. Con il suo acquisto, il Milan si è assicurato uno dei giovani centrocampisti più forti in circolazione. Gli ultimi due arrivi sono stati quelli di Hauge (20 anni) e Dalot (21 anni). Il primo, arrivato dai norvegesi del Bodo/Glimt, può giocare in tutti e tre i ruoli in appoggio al centravanti. Già seguito da diversi mesi dagli scout rossoneri, Hauge ha confermato il rapporto positivo degli stessi in occasione dei preliminari di Europa League, in cui proprio contro il Milan ha disputato un’ottima prestazione fornendo un assist e segnando un gol. Il secondo è arrivato nelle ultime ore di mercato dal Manchester United in un’operazione simile a quella di B. Diaz: prestito con l’impegno di valutarne a stagione in corso il riscatto. Diogo Dalot può rappresentare una valida alternativa sia come terzino destro che come terzino sinistro. Inoltre, fino all’ultimo il duo Maldini/Massara ha provato a portare a casa un difensore centrale ma tutti gli obiettivi sono sfumati. Probabilmente la caccia riprenderà a Gennaio. Oltre agli arrivi però, i rossoneri hanno anche lavorato in uscita e a lasciare Milanello a titolo definitivo sono stati Suso (Siviglia), Reina (Lazio), André Silva (Eintracht Francoforte), Paqueta (Lione), Ricardo Rodriguez (Torino) e Halilovic (rescissione del contratto). Partiti invece in prestito Plizzari (Reggina), Pobega (Spezia) e Laxalt (Celtic). Ora, a mercato chiuso, i prossimi impegni segnati sull’agenda dei dirigenti rossoneri saranno i rinnovi di Gigio Donnarumma e Calhaloglu. Con questo mercato il Milan ha sicuramente ridotto il gap con le concorrenti per il quarto posto, ma rimane comunque del lavoro da fare per avvicinare squadre come Inter e Juventus che a loro volta si sono notevolmente rinforzate. L’operato svolto dalla dirigenza è stato ottimo con un attivo sul mercato secondo solo al Napoli. L’investimento è stato di circa 23 milioni di euro con un ricavo di 58 milioni di euro per un attivo di 35 milioni di euro. Il calciomercato è ufficialmente finito e rimandato a gennaio. Ora la parola passa al campo.
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ATALANTA, IL SUO……. “UN MERCATO INTELLIGENTE”
Un mercato intelligente quello dell’Atalanta fatto di acquisti e cessioni, la Dea ha saputo, infatti, realizzare delle importanti plusvalenze economiche in entrata dalle uscite di Timothy Castagne al Leicester per 25 milioni di euro e dall’operazione che proprio nell’ultimo giorno di mercato ha portato il gioiellino Amad Traoré al Manchester United per 40 milioni di euro senza dimenticare la cessione a titolo definitivo di Dejan Kulusevski alla Juventus nel Gennaio scorso per altri 40 milioni.
Insomma……. tantissimi soldi sono entrati nelle casse dell’Atalanta che la società ha saputo poi reinvestire brillantemente andando a compiere delle operazioni mirate che hanno permesso di rinforzare ulteriormente la rosa ma soprattutto di allagarla in tutti i reparti.
Acquisti giovani e di talento come la punta olandese Sam Lammers arrivato come vice Zapata a titolo definitivo dal Psv per 9 milioni di euro che ha già saputo mettersi in mostra nell’ultima partita di campionato giocata in casa contro il Cagliari firmando il suo primo goal in Serie A. Un altro affare molto di rilievo è stato l’arrivo del trequartista russo Aleksej Mirančuk dalla Lokomotiv Mosca per 14,5 milioni di euro già conosciuto nella scorsa edizione della Champions League contro la Juventus, oltre al riscatto importantissimo da 15 milioni di Mario Pasalic dal Chelsea, infatti, a Bergamo il centrocampista croato ha trovato il suo ambiente ideale. Fondamentale anche l’arrivo del difensore Cristian Romero in prestito con diritto di riscatto dalla Juventus, il nazionale Argentino va così a migliorare un reparto in cui la Dea prende parecchi goal ovviamente anche per il tipo di gioco di Gasperini, e poi i tre rinforzi sulle fasce con gli arrivi in prestito di Piccini, Mojica e Depaoli che vanno a consolidare un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’azione, tre giocatori pronti a essere delle valide alternative anche a partita in corso ai titolarissimi Hateboer da una parte e Gosens dall’altra. Gasperini con una rosa del genere non rischia certamente di essere a corto con dei nuovi giovani che insieme al loro tecnico potranno crescere molto. -
L’ARTE DEL SAPER VENDERE, NON DEL SAPERSI VENDERE.
In una domenica di marzo del 1900, i fondatori dell’ Amsterdamsche Football Club Ajax non immaginavano minimamente che la loro creatura avrebbe scritto pagine di storia a tinte biancorosse. Han Dade, Floris Stempel e Carel Reeser in un caffè al centro di Amsterdam tra tulipani, alberi fiorenti e canali sgorganti arricchiti dall’avvicinarsi della primavera scrissero il prologo e la prefazione di un “libro calcistico” basato sul mito di un valoroso condottiero greco. Da allora, i lancieri nel mito di Aiace Telamonio, vantano 72 titoli nazionali ed internazionali. Parliamo del club di Jack Reynold, di Rinus Mitchel e Johan Cruijff. Parliamo dell’Ajax del calcio totale, macchina da guerra romantica, spazzatrice violenta di avversari con un’estetica del calcio differente. Capace di lanciare rose e proiettili nel terreno di gioco, regalare spettacolo e annichilire chiunque si sovrapponesse tra la gloria e i biancorossi di Daalwijkdreef- Bijlmerdreef Street. Squadra da sempre piena di romanticismo, coesione e integrazione. L’Ajax capace di formare, istruire e arricchire di valori i suoi giovani e i suoi calciatori tutti. Capace prima di doversi adattare alle forzature antisemite della seconda guerra mondiale, poi di dissociarsi, estraniarsi e avvicinarsi alla comunità ebraica della città. Da sempre tifosissima dei lancieri. Questa squadra sembra essere fondata da un libro delle favole. Un libro pieno di soddisfazioni, miti e poesia. Miti e poesia nutriti senza mai tralasciare l’aspetto economico, aspetto che da sempre contraddistingue l’amministrazione di un club. Club che vive nel mito di Cruijff, dei fratelli De Boer, Blind, van der Sar, Van Basten e Seedorf. Negli ultimi 30 anni i guerrieri red & white, la loro dirigenza e i direttori del vivaio, hanno lanciato e affermato calciatori che hanno scritto la storia del calcio europeo e mondiale. E’ nell’ultimo decennio, però, che il direttivo dell’Arena Boulevard ha dato il meglio di se’. Con cessioni estremamente remunerative hanno mantenuto vivo e positivo il bilancio del club. Per fare un esempio pratico : Davinson Sanchez, Alderweireld, Dolberg, Vertonghen, Daley Blind, Milik, Eriksen e tanti altri talenti puri. La cosa che più colpisce e impressiona, oltre alla programmazione economica e all’esaltazione tecnica delle individualità, è la poliedricità e l’adattabilità del team. Il suo volersi allargare in tutto il mondo è entusiasmante. Tutto ciò è testimoniato, anche, dall’accademia presente in Sudafrica che gli olandesi curano minuziosamente. L’Ajax Cape Town è una splendida realtà calcistica del Sudafrica e dell’Africa tutta. Il lavoro più significativo effettuato da Edwin van der Sar, Steven ten Have e Hennie Henrichs riguarda l’ultimo bienno, in maniera specifica. I ragazzi guidati da Erik ten Hag, dopo aver sfiorato la finale di Champions League, sconfitti dal Tottenham in semifinale. Dopo aver annientato Real Madrid e Juventus, dopo aver stupito in tutto il mondo, sono chiamati ad una rivoluzione. Rivoluzione imposta dalle importanti cessioni fatte per continuare a far vivere l’etica e l’ottica del club in progressione futura. Sono partiti de Ligt, de Jong e Ziyech. Partirà anche van de Beek, direzione Manchester United. I soldi per portarli a vestire la maglia dei guerrieri di Telamonio sono stati 11 milioni ed 1 euro. Le loro cessioni hanno portato nelle casse dei nativi di Amsterdam 246 milioni di euro. Verranno rimpiazzati da altri giovani, questi giovani stupiranno negli anni e saranno ceduti dopo aver scritto la storia di uno dei club più belli e romantici di sempre. A volte, nella vita e nel calcio, conta l’arte del saper vendere e non del sapersi vendere.
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“SE DANZI COL DIAVOLO, IL DIAVOLO NON CAMBIA. E’ IL DIAVOLO CHE CAMBIA TE.”
Se negli anni 80 del 20° secolo nasci e cresci a Rosengard, sobborgo di Malmo, da immigrati jugoslavi (papà bosgnacco di Bijeljina e mamma croata di Skabrnja) non hai tempo per i convenevoli o per radicalizzare i tuoi affetti. Soprattutto se i tuoi genitori si separano, vieni affidato al papà e vivi in quartiere multi-etnico in cui povertà e bullismo sono la folle normalità di un quartiere popolare della fredda Svezia di Thorbjorn Falladin. E’ così che nasce e cresce Zlatan Ibrahimovic, ragazzo di forte personalità e carisma, che da Malmo sognava di calcare i prati degli stadi di tutta europa. Dal poster di Ronaldo “il fenomeno” in camera, passando per le prime partite alla playstation, finendo ad essere uno dei calciatori più forti ed incisivi al mondo. Capace di vincere, convincere in 9 club diversi e divenire capitano e più grande cannoniere (62 reti) della nazionale di un paese che ha ospitato te e la tua famiglia. Zlatan nasci, non puoi diventarlo. Quando accarezzi il pallone con la delicatezza di una rosa meilland ma con attorno il gelo scandinavo ti scatta qualcosa dentro, quel qualcosa che tempra la consapevolezza che sarai grande, quella consapevolezza che ti sussurra all’orecchio narrando che un ragazzone da Rosengard arriverà ad essere un top nel mondo. Questo è l’elemento caratterizzante della carriera di IbraCadabra, per questo medesimo motivo non si legherà mai definitivamente ad un club, per questo bacerà le maglie di alcuni suoi club prostrando alla sua mente che la passione di quel bacio non è per il club stesso ma per l’amore verso il sacrificio che lui stesso ha compiuto. Sacrificio che lo porterà a scontrarsi con chiunque si frapponga fra lui e la vittoria, fra lui e la gloria, fra lui e il gol. Arriva un giorno nella vita in cui dopo aver vinto con tanti club, dopo aver giocato nel Barcellona dei marziani, arriva l’opportunità di andare al Milan e Zlatan da buon Dio non riesce a non stringere un patto col diavolo. Lo fa nel caldo torrido luciferino dell’ agosto del 2010, giorno 28. Alla fine della prima stagione 35 reti, 44 partite. In 2 anni saranno : 56 reti, 85 partite, computo totale. A queste skills personali, si aggiungono : uno scudetto e una supercoppa italiana. Per dover di cronaca, il Milan nonostante grandi successi in Europa, non vinceva lo scudetto da 7 anni e con Ibra è tornato a farlo. Zlatan arriva, fa innamorare, vince e fugge. Lo ha già fatto, lo conosciamo, lascia sgorgare passione per attimi che sembrano infiniti e poi di stucco sparisce. Lascia poesie d’amore sotto forma di calcio, ti fa gioire e lascia un messaggio con sù scritto : “forse tornerò”. PSG, United e L.A. Galaxy : vince, si fa amare, odiare e poi scappa. Ormai gli anni sono 38, tendenti ai 39, dove andare ? La risposta è semplice. “Se danzi col diavolo, il diavolo non cambia. E’ il diavolo che cambia te”. Zlatan torna al Milan, si torna dove è stato amato ma anche dove, per la prima volta Zlatan ha amato. Non ha mai nascosto la sua passione e la sua felicità per quei due anni rossoneri, nemmeno quando indossava e segnava per un altra maglia, nemmeno quando i suoi piedi sentenziavano per altre casacche ma la sua testa era al Milan. Il diavolo cambia faccia, da creatura impaurita, torna impavida a macinare gioco e inanellare punti. Zlatan cambia l’anima di un gruppo di calciatori che sembravano stanchi e inadatti. Lui e Pioli sono gli artefici del cambiamento, di una rinascita. E’ per questo che i dirigenti di casa Milan confermano prima Pioli e poi dialogano con Mino Raiola per il rinnovo di Ibra. Si parla a stretto contatto, si discute, ci si stringe nella consapevolezza che il nuovo corso del Milan partirà da un atleta di Rosengard, Malmo, che ha conquistato il mondo volendo sposare l’inferno. Il rinnovo di Ibra ci sarà, 6 milioni annui con bonus, per due anni. Chi ha Ibra se lo tiene, chi ha un uomo capace di segnare 485 gol in carriera non lo fa scappare. Come sentenziò Zarathustra : “Così mi disse una volta il diavolo : <<Anche Dio ha il suo inferno : è il suo amore per gli uomini>>.
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ANDREA PIRLO, L’IMPORTANZA DELLA SICUREZZA, L’IMPORTANZA DELLA CHIAREZZA.
L’avvento di Andrea Pirlo sulla panchina della Juventus ha ridisegnato impostazioni, usi e costumi di cui la Juventus sarriana si era spogliata. La prima mossa del bresciano è stata quella di avvisare telefonicamente gli esuberi, notificandogli che non fanno parte del nuovo progetto che l’ex eroe mondiale vuole impostare. Mossa nuova, intelligente, schietta e matura. Importante, da non dimenticare, il fatto che Sarri si portò dietro le scorie delle incomprensioni e della poca chiarezza con Emre Can e Mandzukic con tutto lo spogliato e per tutta la stagione. Pirlo incarna da allenatore, quello che era da calciatore. Nascere nell’alta pianura bresciana ti dona qualità e valori, si lavora tanto, si parla molto poco. Si è chiari, limpidi e ci si porta dietro un espressione seria che si ha solo se da Flero, si riesce ad arrivare appunto sul tetto del mondo. Andrea Pirlo sta disegnando, lo faceva splendidamente in campo, sta provando a farlo con arguzia da fresco allenatore. Il suo disegno è novizio ma vuole solidificarlo con delle linee nette, profonde e già viste nella pinacoteca calcistica torinese. “Vecchie conoscenze”, “vecchi stili” per far tornare una vecchia signora ammaccata (dopo l’esperienza semi-traumatica con Maurizio Sarri) nel pieno delle sua facoltà sportive, capace di continuare a vincere in Italia e di effettuare un upgrade nell’Europa che conta. E’ per questo che il direttore d’orchestra di Flero avrebbe richiesto : Morata, Vidal, e Pogba. Operazioni sicuramente non realizzabili contemporaneamente, molto esose e che richiedono un dispendio economico che dopo la pandemia di Covid-19 appare estremo, ma che tracciano in maniera coerente ciò che vuole Pirlo per la sua Juventus. Conoscenza dell’ambiente, affetto per la società, per i tifosi ed eccelsa qualità tecnica. Alla Juve questo serve, servono calciatori che sappiano cosa vuol dire calcare il prato dell’Allianz Stadium, vestire la maglia portata da Del Piero e Sivori. Alla Juve servono calciatori che sappiano ben sposare un progetto sempre vincente ed ambizioso ma che possano arricchire un parco di giocate individuali sempre più dipendente dai soli Ronaldo e Dybala. Andrea Pirlo lo sa, è per questo che ha richiesto “l’usato sicuro”. Un usato sicuro che posso ancora rendere veloce, imprevedibile e potente una macchina zebrata che dopo tanti anni vuole il successo europeo.