Il futuro di Leonardo Bonucci può ripartire in Nazionale, l’ex difensore campione d’Europa con l’Italia a Euro 2020 dopo essersi ritirato a fine maggio dal calcio giocato potrebbe essere inserito nello staff della Nazionale Italiana come collaboratore del Ct Luciano Spalletti. I primi contatti tra le parti sono già stati avviati, Bonucci avrebbe un ruolo simile a quello che ha avuto Daniele De Rossi a Euro 2020.
Tag: FIGC
-
Gravina conferma il Ct Spalletti
Nella conferenza stampa, il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha confermato il Ct Luciano Spalletti.
“Non abbiamo nulla da nascondere ma dobbiamo continuare ad avere responsabilità. Serve senso di responsabilità: ieri c’è stata una lunga chiacchierata col mister e credo sia impensabile risolvere i problemi abbandonando un progetto che è pluriennale, non si può abbandonare il progetto dopo 8-9 mesi. Nel progetto è centrale un allenatore subentrato da 9-10 gare, che non può avere a disposizione sempre tutti i calciatori. Ci deve essere una riflessione politica all’interno del mondo federale. Spalletti deve avere la nostra fiducia e ha la nostra fiducia, deve lavorare perché fra 60 giorni c’è già una nuova sfida”.
-
La Serie A può lasciare la FIGC
La Lega Serie A sta minacciando la rottura con la FIGC e si fare come il modello inglese della Premier League. Ecco le parole del presidente Lorenzo Casini:
“C’è bisogno di una maggiore autonomia e autodeterminazione delle scelte, quindi l’assembla ha deciso di iniziare un percorso di valutazione di un meccanismo di autonomia simile al modello della Premier League inglese”.
Come funziona il modello inglese? In Italia tutti i campionati sono organizzati dalla FIGC. In Inghilterra dal 1992, la Premier League non dipendente dalla federcalcio, che gestisce dalla Championship (la.Serie B) in poi. Dal 1992, la Premier League è autonoma facendo le proprie regole
La Serie A può uscire dalla FIGC? È Le parole di Casini
“La Premier tecnicamente non è fuori dalla Federazione, quello che la Premier ha di diverso è un modello organizzativo diverso, collegato al peso economico”.
Cosa chiede la Serie A? Conclude Casini;
“Vorremmo riconosciuta l’importanza dell’autodeterminazione, non c’è un tema di contrapposizione e non vogliamo contrapporci a nessuno. C’è un tema che riguarda anche singole decisioni, come quelle sulle liste delle squadre, o le regole su extracomunitari, sui vivai: tutto quello che oggi è deciso dal consiglio federale domani potrebbe vedere la Serie A maggiormente autonoma in queste decisioni”.
-
FIGC, vieta alle squadre di partecipare alla SuperLega
Attraverso una nota ufficiale la FIGC ha stabilito che le squadre della Serie A non devono aderire alla Superlega. Ecco il comunicato.
“Le società devono, entro il termine perentorio del 4 giugno 2024, osservare il seguente adempimento: depositare presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, anche mediante posta elettronica certificata, la domanda di ammissione al Campionato di Serie A 2024/2025, contenente la richiesta di concessione della Licenza Nazionale e l’impegno a non partecipare a competizioni organizzate da associazioni private non riconosciute dalla FIFA, dalla UEFA e dalla FIGC. L’inosservanza del termine perentorio del 4 giugno 2024, anche con riferimento ad uno soltanto degli adempimenti previsti dai precedenti paragrafi I), II), III), V) e VI) per la partecipazione al Campionato Professionistico di competenza, determina la mancata concessione della Licenza Nazionale 2024/2025”.
-
Anche la FIGC dice la sua sulla SuperLega
Dopo la sentenza sulla SuperLega arriva in Italia il comunicato della FIGC contro il progetto della Superlega. Ecco la nota.
“A seguito della sentenza della Corte dell’Unione Europea sul cosiddetto caso Superlega, la Federazione Italiana Giuoco Calcio, riconoscendosi pienamente negli organismi sovraordinati della UEFA e della FIFA, ribadisce la sua convinta azione a tutela dei campionati nazionali, per la difesa del più ampio e generale principio del merito sportivo e del rispetto dei calendari internazionali. Per queste motivazioni, in ossequio alle leggi nazionali e ai regolamenti internazionali, la FIGC ritiene che la Superlega non sia un progetto compatibile con queste condizioni e agirà sempre, in tutte le sedi, perseguendo gli interessi generali del calcio italiano”.
-
Pogba, la Procura ha chiesto 4 anni di squalifica
Paul Pogba rischia 4 anni di squalifica. La Procura antidoping ha chiesto quattro anni di squalifica per il centrocampista, risultato positivo al testosterone dopo un controllo effettuato al termine di Udinese-Juventus dello scorso 20 agosto.
La Juventus a questo punto, può già ragionare sui soldi risparmiati sull’ingaggio del campione del mondo 2018, e accelerare sul mercato. Hojbjerg, Vermeeren, Sudakov, Fofana: più che idee fissate sul taccuino di Giuntoli, ora sono necessità per il centrocampo. -
I calciatori inglesi saranno comunitari per la Figc: la svolta del mercato italiano
Arriva una svolta importante per il calciomercato Italiano. Infatti da adesso in poi i calciatori inglesi saranno considerati comunitari. Questa è la decisione presa dalla Figc.
-
La FIGC apre un’inchiesta contro Rocchi, Orsato e Valeri
Sorgono nuove riflessioni in casa AIA, infatti la FIGC nelle ultime ore ha aperto un’inchiesta verso il trio arbitrale Gianluca Rocchi, Daniele Orsato e Paolo Valeri dopo una segnalazione del guardalinee Pasquale De Meo. La terna arbitrale è messa ora nel mirino.
-
FIGC, Gravina non lascerà il suo incarico
Giancarlo Abete bastarono pochi minuti. A Carlo Tavecchio servì una settimana di tempo. Ma alla fine le dimissioni arrivarono comunque. Gabriele Gravina lo ha detto chiaro e tondo, prima e dopo la clamorosa sconfitta della Nazionale: non ha alcuna intenzione di seguire l’esempio dei suoi predecessori. Il presidente della FIGC ha spiegato che “il progetto andrà avanti” e si è anche augurato che possa fare lo stesso Roberto Mancini, con il quale per la cronaca in passato non sono mancati screzi poi appianati. Difficile che si proceda davvero come nulla fosse: le dimissioni del commissario tecnico sono nell’aria e potrebbero arrivare al ritorno dalla farsesca trasferta turca di Konya. Quelle di Gravina, si diceva, no: lo ha ribadito in una conferenza stampa nella quale, dopo aver perso in casa contro la 67esima nazionale al mondo, si è trovato il tempo di parlare soprattutto del (calante) amore per la Nazionale e delle incomprensioni con i club. Ma andiamo con ordine. Le elezioni e i programmi. Presidente della Federcalcio per la prima volta a ottobre del 2018 superando Tommasi e Sibilia ritiratisi, Gravina è stato riconfermato in via Allegri nel febbraio 2021 battendo ancora lo sfidante Sibilia, questa volta in una contesa ben più aspra. Maggioranze bulgare in entrambi i casi, anche se in calo: 97,2 per cento prima, 73,45 per cento poi. Tra gli obiettivi del suo primo programma: il Club Italia da guidare come una società, la riduzione delle squadre professionistiche, la revisione dei pesi elettorali in federazione, l’inserimento dei requisiti di onorabilità per entrare nel mondo del calcio. Alcuni di essi, riproposti nei successivi buoni propositi del 2021: sempre la riforma dei campionati (“qualitativa e non per forza quantitativa”), nuova mutualità, interventi sul vincolo sportivo dopo la gamba tesa dell’allora ministro Spadafora. Tra un’elezione e l’altra, bene ricordarlo, l’emergenza da Covid-19 che ha reso tutto più complicato.
Cosa ha fatto da presidente. Il Club Italia oggi è realtà, guidato dallo stesso Gravina, con l’obiettivo di coordinare il lavoro di tutte le squadre nazionali. Nei tre anni e mezzo di presidenza, alcuni degli obiettivi dichiarati nei due programmi sono divenuti concreti. Del 2019 è il Codice di Giustizia Sportiva, a lungo richiesto a gran voce dall’allora sottosegretario Giorgetti. Più recenti i grandi passi verso il professionismo femminile, in questo caso fortemente voluto dal CONI ma ben assecondato dalla Federcalcio. E ancora, i requisiti per “entrare” nel calcio sono diventati più stretti: il controllo sulle acquisizioni di partecipazioni superiori al 10 per cento ha alzato l’asticella da questo punto di vista. Poi, appunto, la complicata gestione emergenziale: la pandemia ha cambiato orizzonti e prospettive, in un periodo nel quale Gravina si è oggettivamente trovato a cavalcare una tempesta ed è stato il primo a crederci, l’ultimo ad arrendersi. Ne siamo usciti con le ossa rotte, ma più interi del previsto. E cosa non ha fatto: una riforma nelle sabbie mobili. C’è però anche quel che manca all’appello. Una cosa su tutte: la riforma del calcio italiano. Non un topolino, ma la montagna non è nemmeno vicina a partorirlo. Non sono cambiati i pesi elettorali – oggi Lega Pro e Serie D contano molto di più della Serie A – non vi è stato alcun intervento sul format dei campionati. E non si sono neanche viste le novità più care al numero uno federale: che a Gravina piacciano i playoff, per esempio, lo sanno anche i muri. Restano nel limbo, così come qualsiasi intervento strutturale sulle cento squadre professionistiche italiane. Tante erano, tante restano e gli ultimi mesi – dalla rielezione ne sono passati quattordici – non hanno segnato alcun passo in avanti da questo punto di vista. Anzi: il profluvio di indiscrezioni ha avuto il suo corso, senza che mai si capisse quali fossero le reali intenzioni. Forse perché da questo pantano il calcio non si è mai davvero smosso. Stesso discorso, per la cronaca, per un argomento molto tecnico ma ancora più caro ai club e alle leghe: la criticatissima legge Melandri, nonostante i buoni rapporti col governo, è sempre lì. Politicamente, Gravina è più saldo che mai. Di riforma si è tornato a parlare nelle ultime ore. Come ogni volta che l’Italia fallisce il suo obiettivo. Troppe squadre, troppi stranieri: sono solo alcuni degli argomenti più caldi nelle ore immediatamente successive al disastro, perché di questo si tratta. Il paradosso? Gravina non è riuscito a condurla in porto, anche per la fortissima litigiosità delle componenti federali, ma è allo stesso tempo abbastanza forte politicamente in questo momento da poter escludere dal tavolo l’ipotesi delle dimissioni. Memore delle intemperie elettorali, ha attorno a sé un fortino: senza ridurre a ruoli improbabili per la rispettiva caratura due figure di assoluto rilievo come Francesco Ghirelli, presidente di Lega Pro, e lo stesso Abete, di recente eletto a numero uno di LND, è un dato di fatto che in questo momento chi guida Serie C e Serie D sia in grande affinità con Gravina. Considerato che queste due leghe in sede elettorale rappresentano complessivamente il 51 per cento dei voti, il dado è presto tratto. Il nodo Serie A. E non solo quello. Quindi, tutto va avanti perché niente cambi? A livello politico e formale, proprio così. Senza le dimissioni, il progetto proseguirà come ha detto lo stesso Gravina. I temi sono però due: anzitutto, il sentimento “popolare”. Quelle percentuali di cui sopra sono poi da tradurre in delegati, in club. Ogni Lega ha un peso elettorale ripartito tra i soggetti che la compongono, e non è detto che resti un monolite inscalfibile di consenso (o dissenso). E poi, gli attriti con la Lega Serie A: da maneggiare con estrema cura. I club del massimo campionato sono sembrati più volte, di recente, una bomba a orologeria. Verso l’interno, come certifica l’elezione di Lorenzo Casini a presidente, avvenuta col minimo indispensabile; e non vanno dimenticate le frizioni sul tema Superlega con le big, Juventus su tutte. Ma anche verso l’esterno: dapprima il paventato commissariamento, da ultimo questo botta e risposta sul rinvio di una giornata che quasi nessuno in Europa ha toccato e che difficilmente ha avuto un peso reale su una partita contro una formazione modesta come quella di Skopje. Politicamente, le società più importanti d’Italia conteranno magari molto poco: non è proprio così, ma meglio non scadere nel tecnico. A livello d’immagine ed economico, mettersi contro via Rosellini – dove alcuni inquilini, Lotito e De Laurentiis su tutti, sono già in fermento – rischia però di essere una scommessa impossibile da vincere.
-
Figc: Francesco Ghirelli prende il posto di Dal Pino
Sarà Francesco Ghirelli a prendere la carica di vicepresidente della Figc. Il presidente della Lega Pro è stato votato questa mattina a discapito di Umberto Calcagno e prenderà così il posto del dimissionario Dal Pino che aveva lasciato qualche settimana fa per trasferirsi in America.